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al testo di Pietro Menditto
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Lo stesso canto degli uccelli a marzo prima dell'alba è pena, si fa nella matura luce sfarzo. Ogni volta ci lascia, ogni volta ci lasciamo, e di lui il vuoto si riempie. Ne segue l'anima la scia, la pena del respiro che sappiamo. Ci sarà un tempo che le giuste parole renda, la parca eloquenza consona al momento che quel silenzio indurito alla fine arrenda, alla corolla di un abbraccio, a un bacio sbigottito di fiorire in due bocche da così tanto amare che mai pensarono di poterlo fare? Ci sarà un tempo che il silenzio giusto sappia cogliere, la dignitosa assenza della voce intrusa, che le parole estingua al tacito avvinghiarsi, alla cieca stretta e pura che fa luce del piacere e della luce lampo che t'incendia [e dura? Io dico che tempo è di questo il tempo: che se silenzio pensi, parole mediti che vanno, quello ti oltrepassa, e solo per questo si fa danno. Ma lui con te vuole restare, se risponde alto alla sua legge amore. Oltre sé va, con sé ti porta verso un complice, inaudito mare, a una calda sabbia tenera, dove non più tacere, non più dire, [più non morire. |
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